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Bhakti Yoga, il sentiero dell'amore devozionale

Per il Bhakti Yoga Dio è Amore, mentre il suo scopo è quello di amarLo, purificando l’amore fino a renderlo infinito e incondizionato, realizzando così Dio stesso.


Il Dio del Bhakti Yoga è identico al Brahman del Vedanta, Uno ed infinito. Ciò nonostante il bhakta, per coltivare il suo amore, si ritrova a proiettare all’esterno un concreto, finito Dio su cui riversare la sua adorazione. Questo Dio finito in natura è chiamato Ishtam e rappresenta il suo più alto ideale, il suo più alto Sé che lo assorbirà in tutto il suo essere.


Lo stato o l’emozione che un individuo ha verso la propria forma di adorazione, chiamata Bhava, può essere di timore trascendentale e ammirazione verso l’Essere Supremo, oppure di umile servizio verso il proprio maestro, o ancora l’attitudine del bambino verso i suoi genitori, dell’amico verso il suo amico, dei genitori verso il figlio, dell’amante verso la sua o il suo amato.


L’amore è il ponte che congiunge il sadhaka alla propria forma di adorazione, al proprio Ideale di Dio, al proprio Sé Superiore. Quando è diretto in questa direzione assume la forma più elevata , essendo invece quella del mondo ordinario di natura egoistica e piena di aspettative.


Così l’amore del sadhaka va purificato attraverso la Sadhana, la pratica che conduce all’amore per l’amore in sè stesso, l’amore incondizionato che non chiede nemmeno di essere accettato. E’ questo il Prema Bhakti, lo stato nel quale si ha l’assoluta abnegazione del sé, lo stato in cui si dice “non io, ma Tu”. Lo Yoga non è quindi qualcosa da “raggiungere”, ma uno spogliarsi di tutte le tendenze negative e sovrastrutture fino arrivare al cuore dove risiede l’amore puro.


Coloro che hanno studiato gli stati psicologici del bakta sanno che ci sono degli stadi attraverso i quali egli passa: si parla di una prima fase di osservanze, regole e cerimonie, una seconda fase di amore egoistico impetuoso e desiderio di vedersi felici con relativi sentimenti contrastanti e sofferenza purificatrice, ed infine una terza fase dove l’amore causale soccombe a favore dell’amore senza causa, stabile in ogni circostanza e non soggetto a risentimento se viene rifiutato, che non cerca gratificazione e non vuole niente in cambio. Prima che questo accada l’amore non è vero amore.


In prema, l’ultimo stadio, si ha il completo abbandono nell’oggetto del proprio amore, senza domande e desiderio di gratificazione dei sensi. La felicità è dentro sé stessi, senza sofferenza e dipendenza dagli oggetti esterni; si vede il proprio oggetto ‘d’amore in chiunque e in ogni cosa, anche una statua o una foto, che diventano” vive”. Questo stato di soddisfazione dell’amore in sé stesso è chiamato bhava samadhi mentre coloro che lo hanno raggiunto sono detti paramahansa – letteralmente grande oca – per la loro capacità di poter separare il latte dall’acqua, cioè il Reale dall’Irreale.


L’amore del Bhakta è talmente forte che non è neanche più interessato alla liberazione o all’unione con Dio, quanto piuttosto ad amarlo nel suo cuore e servirlo per l’eternità, compiendo ogni azione come un’offerta di devozione. E’ il caso di Swami Amritaswarupananda Puri (Swamiji), lo swami che segue Amma da più tempo, che alla domanda su cosa desiderasse per un suo compleanno, perfino la liberazione, ha risposto che avrebbe voluto rimanere per sempre con il suo amato Satguru.


L’amore per l’Istha e per il proprio Satguru rappresentano rispettivamente la parte inconscia e conscia dell’amore Divino.


Il Satguru non è un maestro normale. Esso è un Maestro spirituale realizzato. La sua presenza è indispensabile per un ricercatore perché gli fornisce le indicazioni necessarie per arrivare alla meta ed evitare i pericoli. Gli dona anche pace interiore ed armonia, riversando su di lui tutte le grazie necessarie.


Il Devoto adora e ama il proprio Satguru come Dio. Il Satguru pensa solo al bene dei propri devoti desiderando soltanto il loro progresso spirituale. E’ per questo che nei loro confronti (ma anche nella vita che è il Maestro più grande) bisogna essere come un bambino, con una mente innocente, avendo fede, devozione ed obbedienza, pensando di non sapere niente, aperto agli insegnamenti, abbandonati totalmente. Si pensi alla devozione verso Gesù, il Maestro che il cristianesimo ha preso come esempio da seguire.


Se si osservano i Maestri realizzati si noterà come la loro vita e ogni loro gesto sono all’insegna dello yoga nel senso più completo del termine.

Un esempio di un Maestro realizzato vivente è quello di Sri Mata Amritanandamayi Devi (Amma), i cui imput spaziano dalle scritture (Jnana Yoga) al Bhakti Yoga attraverso i canti devozionali; dalla recita del mantra e dell’Archana (mantra yoga) alla meditazione (Raja Yoga); dall’abbandono a Dio (Isvara Pranidhana di Patanjali) al servizio disinteressato (Karma Yoga). Ma anche nel Ashram di Saibaba erano e sono tutt’ora in atto le stessi pratiche. Lo stesso se si frequentano i villaggi degli Hare Krishna, dove ci sono classi sulla Bhagavad Gita, canti e balli sul mantra di Krishna, seva e meditazione.

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