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Jnana Yoga: la perfezione attraverso la Conoscenza

Swami Gnaneswarananda (della scuola di Vivekananda) descrive lo Jnana yoga come quello yoga che vuole portare il discepolo a rimuovere il velo di maya (l’illusione) per conoscere la verità sul proprio Sé, sull’Universo, su Brahman, ed essere libero.


Maya può essere descritto come il potere di Brahman che ostruisce la comprensione vera della realtà, la conoscenza di Brahman stesso. Attraverso maya vediamo Brahman, l’Uno, il non mutabile, come universo nelle sue diverse e mutevoli manifestazioni, senza renderci conto fino in fondo della sua unità.


La filosofia Hindu descrive Brahman in forma negativa,” non questo, non questo” (neti, neti) in quanto l’Infinito non può essere oggetto della mente, e nello stesso tempo se lo fosse avrebbe un nome come tutte le altre cose, e non sarebbe più quindi Dio, senza nome e senza forma e anche oltre. 


Solo con Sankaracharya si tentò di dare una definizione in termini positivi di Dio, definendoLo Satcitananda, (Sat=essere, esistenza, cit=consapevolezza, ananda=gioia, beatitudine), che è interpretabile anche come la gioia di essere consapevoli della propria esistenza, la coscienza che è consapevole di sé stessa.


Il metodo dello Jnana Yoga è quello di interrogarsi: quale è la natura della Realtà ultima? Quale è la natura dell’Universo? Quale è la natura dell’anima?


Quello che deve essere realizzato da uno studente di Jnana Yoga può essere riassunto in un breve verso di Sankaracharya: “Brahman è l’unica realtà; il mondo è irreale; l’anima individualizzata, o sé, non è altro che Brahman”. Non esiste quindi “io” e “mio”, mentre è l’egoismo (il senso dell’io) che separa l’individuo da Brahman. Ed ancora, è solo ne l vero Sé che è possibile sperimentare la felicità e la beatitudine.


Il processo coinvolto è quello del discernimento tra il reale (il Brahman, l’Eterno) e il non reale (quello che alle persone normali sembra la realtà ma che è effimero in quanto limitato e mortale), che si attua spogliandosi delle superimposizioni della mente, rimuovendo i concetti di corpo, mente, sensi e così via, dal più grossolano al più sottile.


Nelle scritture si dice che lo stato di realizzazione porta a tre effetti principali: Vengono troncati tutti i nodi del cuore sulla comprensione (il fondamentale dei quali è l’errore di confondere il reale con l’irreale); tutti i dubbi vengono rimossi (la conoscenza fluisce ininterrottamente) ; tutto il karma viene bruciato (in quanto la persona non opera più dal punto di vista dell’ego).


L’esperienza del Nirvikalpa samadhi, l'estasi divina, non può essere descritta a parole in quanto in questo stato di unità le modificazioni della mente sono assenti . Quello che succede a colui che lo raggiunge è paragonabile a quello di una goccia che si unisce all’oceano. Il suo piccolo sé non esiste più identificandosi con l’oceano.


In questo stato il ricercatore può sentire fame e sete o dolore (ma non sofferenza) come anche le altre sensazioni che tutte le persone ancora avvolte nell’ignoranza percepiscono, ma la sua coscienza non si identifica con il corpo, che rimane solo uno strumento della Volontà Divina, in azione nel mondo fino a quando è necessario e senza desiderio e attaccamento, in quanto questo è solo maya.


Per approfondimenti sul Jnana Yoga un testo di riferimento classico è “I am That” di Nisargadatta Maharaji.

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